When the Clouds – Rise On (live)

Posted by on Apr 11, 2011 in video, When the Clouds | No Comments
TRALLALÀLLA (www.trallalalla.it) presenta: WHEN THE CLOUDS | Rise On, estratto da “The Longed-For Season” (Drifting Falling, 2010), live @ Nerofactory, Cosenza, 2 aprile 2011.
WHEN THE CLOUDS | Rise On (live) from trallalàlla on Vimeo.

Freakout Online reviews The Longed-For Season

Eh sì, lasciatecelo dire e lasciateci festeggiare quelle poche volte che si incontra nel cammino qualcuno della propria terra che fa musica così lontana dagli standard soliti e che apre i propri orizzonti alle melodie sperimentali di oltre confine.

Francesco Galano, produttore e musicista talentuoso, per questo suo primo lavoro ha seminato da tempo in campi nordici, fra la folktronica dei Sigur Ros, di Efterklang, dei Mùm, e l’elettronica d’essay di Brian Eno, Mike Oldfield, il minimalismo di Nyman e Glass.

Il rislutato è sorprendente, sin dalle prime note di piano dell’esordio, The Dawn and the Embrace, estremamente malinconiche, su cui si staglia un leggiadro ritmo di glitch e noises che diventano struttura ritmica, fino all’esplosione melodica del pezzo al minuto 2.32.

Basta già questa prima composizione a farci percepire il sound di un talento unico, sul quale però si staglia sullo sfondo un bel po’ di lavoro: è dal 2007 che Francesco, tornato a Salerno dopo gli studi artistici a Firenze, lavora sulle tracce di questo EP. L’idea è l’utilizzo di un elettronica leggera che si fonde con strumenti acustici e classici come la tastiera creando composizioni di forte impatto emotivo. Rise On vede accompagnarsi a note di piano ripetitive stile No Surprises dei Radiohead un synth di sottofondo, e il solito gioco di rumori percussivi, per un risultato minimal con un crescendo dal sound solare.

Ma il capolavoro è tra Flooding River e The Place where this Path Leads: qui la citazione icelandic dei Sigur Ros è decisiva, e il gioco di rhodes, chitarra, basso, archi, mellotron, diamonica, e quanto la nuova ingegneria musicale metta a disposizione raggiunge il compimento, creando un pezzo di fortissimo impatto emotivo.

Da quali radici avrà tratto il bravo Galano questa cultura musicale non è dato saperlo (ma sappiamo che partecipa anche al progetto indie rock Captain Swing), ma certo non derivano dalla sua terra natale, dato che le melodie di When the Clouds (così il nome artistico) sono lontane anni luce dal mediterraneismo della musica partenopea anche recente.

C’è un’altra Campania, oltre a Pino Daniele, le posse, e il rock-barzelletta di molti gruppi nostrani: una Campania che pur non perdendo il contatto con la propria cultura di appartenenza (November Song, a dispetto del nome, è il pezzo più mediterraneo dell’EP) vola alto, verso traguardi che si potevano ritenere impensabili prima di ascoltare la profondità e lo spessore di queste tracce.

Galano non crea un genere, anzi, saccheggia a piene mani dai suoi ispiratori, ma ha il merito, insieme al Cielo di Bagdad e pochissimi altri, di aver fatto giungere sino al Sud l’impressionante potenza evocativa delle melodie provenienti dal freddo ma intenso Nord Europa.

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Review of The Longed-For Season at sonomu.net

Francesco Galano of Salerno, Italy, throws open the window one last time before it gets too cold to let in the glorious fragrance and light of autumn before she turns into winter. With a half-dozen friendly, accessible tunes stretching over a succinct half-hour, the mood is consistently refreshing and optimistic. When the Clouds embraces the change in seasons and celebrates the beauty it crystallizes.

Although undeniably an album of electronica, the melody is inevitably provided by familiar if electrically-powered instruments like guitar and Fender Rhodes piano, giving each of his landscape miniatures a round fullness, the rhythm kept with irresistable crunchy beats, like thick morning frost crackling underfoot on a brisk morning walk.

There is no seasonal melancholy here, only exaltation. Glad to be alive.

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Interview with Francesco Galano (When the Clouds)

Interview with Francesco Galano, the mastermind behind When the Clouds:

Francesco Galano. Ovvero, quando le nuvole del post-rock italiano attendono una nuova stagione di rifrazioni dream-troniche. Ecco le sue confessioni “open-minded”…

Francesco Galano

Come nasce il progetto When The Clouds e qual è l’origine del moniker?

Sin dall’adolescenza, quando ho iniziato a suonare nelle prime band, mi sono sempre riservato una dimensione più intima in cui comporre musica esclusivamente “mia”; non so bene il motivo di ciò ma era una naturale risposta ad una mia esigenza espressiva.
When The Clouds in tal senso rappresenta una tappa più concreta di questo viaggio iniziato molto tempo fa…
Riguardo il moniker, When The Clouds è un progetto strumentale e dunque alle poche parole che trovano luogo in esso do una grande importanza. Credo che la musica e le parole abbiano una modalità comunicativa totalmente differente se non opposta. La parola a volte è un limite e tende alla staticità a differenza della musica che nel suo essere “astratta” è passibile di infinite reazioni emotive che bypassano la razionalità.
When The Clouds non dice nulla di definitivo. E’ un’immagine incompiuta, una frase sospesa ed ognuno può leggervi una continuazione e darvi poi un senso.

Quali sono le influenze musicali che più pesano sul progetto When The Clouds?

Credo che ascoltando la mia musica sia immediato cogliere l’influenza nordeuropea. A leggere le recensioni, l’associazione con la “scena islandese” sembra immediata. Se band come gli ormai popolarissimi Sigur Ros abbiano contribuito non poco a plasmare la mia estetica musicale devo dire che questa negli anni si è nutrita ed arricchita di generi molto differenti tra loro. Alcuni dei quali forse sembra difficile rintracciare nei miei brani.
Ad esempio ti cito un certo tipo di metal estremo, guarda caso nordeuropeo, che mi ha accompagnato per tutta l’adolescenza. Ricordo che ciò che mi rapiva non era la violenza o la brutalità del sound ma l’estrema passionalità e drammaticità che trasudava da quella musica. Sono sicuro che per chi è “ignorante” del genere sia difficile immaginare di provare brividi nell’ascoltare chitarre superdistorte, voci urlanti e batterie iperveloci, ma garantisco che allora mi davano quello che può dare l’ascolto di “Al chiaro di luna” di Beethoven…
Questo per dire che in realtà, sin da allora, mi rendo conto di aver sempre cercato nella musica questa passionalità, un certo tipo di atmosfere che fanno vibrare le mie corde più sensibili. E devo dire che tutto ciò l’ho trovato poi nei glitch e nei synth dell’elettronica, come in un arpeggio di chitarra acustica e nel calore della voce di un cantautore folk, nell’esplosione di un brano post-rock come nelle melodie e nelle scale di un pianista jazz.
Dopo tutto questo, la composizione poi è il momento in cui ti trovi a riempire il silenzio con quella musica che ti si è creata dentro e che senti il bisogno di restituire al mondo.

Nel tuo EP d’esordio l’interazione tra sonorità elettroniche ed acustiche è giocata su un sottile equilibrio di equivalenze più che di contrasti, con un risultato a dir poco miracoloso: il rigore minimalista con il quale hai tenuto a bada il minutaggio dei singoli brani deriva da una precisa scelta stilistica o è dettato eclusivamente dall’ispirazione?

Nella composizione dei brani non mi sono imposto nulla. Prima di giungere alla composizione delle 6 tracce che compongono l’ EP ho passato moltissimo tempo a sperimentare e ricercare un suono che mi appagasse totalmente e che mi permettesse di dare forma ai brani. Per fare un paragone, per me il suono è la tavolozza del pittore: la scelta dei colori,  dei “toni” è essenziale per la creazione poi dell’immagine.
La durata dei brani poi non è frutto di una scelta. E’ come una storia: c’è un’inizio ed una fine. Il fatto poi che le ogni traccia non superi i 5/6 minuti credo che in fondo sia un bene perchè forse poi stancherebbero, me per primo.

Cosa pensi dell’attuale scena musicale italiana?

In realtà non sono molto interessato alla scena italiana, perchè ritengo che non esista una vera e propria scena italiana.
Purtroppo credo che qui non nasca mai nulla di realmente nuovo e di un tale spessore da dare luogo ad un nuovo filone musicale, che magari possa imporsi anche oltre i confini: in tal caso si potrebbe parlare di una scena italiana.
In Italia si suona la musica della quale ci nutriamo e che prevalentemente arriva da fuori. Tranne poche eccezioni è sempre stato così.
D’altronde però, credo che oggi, parlando di arte in genere, il concetto di confine e quindi di identità stia mutando per non dire scomparendo. Ci relazioniamo ed interfacciamo con realtà fisicamente lontanissime da noi, lo scambio e la condivisione di idee ed opere è globale ed immediato e tutto questo porta alla dissoluzione di quei limiti che spesso sono il presupposto per la definizione di una identità. Riguardo a questo mutamento io non ho un atteggiamento negativo ma neppure positivo. Credo che ciò che avviene abbia ragion d’essere per il semplice fatto che avviene.

WHEN THE CLOUDS - THE LONGED-FOR SEASON

La foto di copertina del tuo EP d’esordio è davvero suggestiva: che relazione c’è con il titolo, altrettanto affascinante, del mini album? Sono l’espressione in “codice” di qualche momento o di qualche situazione della tua vita privata?

La foto di copertina è di Pierre Debroux, un giovane e bravissimo artista belga con il quale sono venuto in contatto tramite MySpace un paio di anni fa. Ci siamo innamorati a vicenda del nostro lavoro e al momento di decidere l’artwork ho immediatamente pensato ad una sua foto.
Credo che l’immagine rispecchi a pieno il titolo dell’album che come il moniker suggerisce un’immagine sospesa. “The Longed-For Season” è la stagione che attendiamo, ed è l’attesa quella che io leggo nella polaroid di Pierre: un fiore, forse appassito che attende la primavera per rinascere. Tutto ciò ovviamente porta in sè significati ben più profondi.

I tuoi brani hanno delle movenze che ritengo particolarmente adatte in un possibile film immaginario: quali sono i tuoi registi preferiti e con quali ti piacerebbe collaborare?

L’idea di prestare la mia musica ad un film o anche di comporre una colonna sonora mi ha sempre affascinato.
Paradossalmente però sono molto attratto dai film in cui la musica è totalmente assente come ad esempio i film del movimento Dogma 95. Mi piace molto infatti Lars Von Trier. Trovo che ci sia una tensione maggiore. Certi silenzi sono molto più incisivi di qualsiasi tema.
Ci sono però molti compositori che con la loro musica hanno contribuito in modo essenziale alla realizzazione delle opere cinematografiche. Uno di questi per me è Philip Glass. “Koyaanisqatsi” è ciò che ritengo l’esempio più significativo di sinergia tra immagini e musica.
Per quanto riguarda me, non ho in realtà un’idea precisa o una preferenza in particolare tra registi con cui mi piacerebbe collaborare. Più che altro posso dirti che mi piacerebbe molto comporre musica per un certo tipo di documentari. Spesso l’occhio e la sensibilità di un regista di talento riescono a tirare fuori dall’osservazione della realtà quel contenuto emotivo che, in quanto reale, è notevolmente più incisivo di qualsiasi sceneggiatura.

Nell’imminente futuro cosa dobbiamo aspettarci da When The Clouds?

Innanzitutto un liveset. Purtroppo finora non ho ancora portato il mio progetto su un palco ma è qualcosa a cui sto lavorando. Nel CD io ho suonato ogni strumento ma ovviamente dal vivo ci sarà una band.
Non vedo l’ora di potermi confrontare con questa dimensione anche per uscire da quella dimensione di solitudine che se da un lato mi permette di concentrarmi totalmente sulla composizione a volte diventa un pò alienante.
E poi la composizione delle nuove tracce. Che per ora si stanno limitando a lunghe sessioni di improvvisazione sul piano, alla ricerca di un qualcosa che, ora come ora, non sono ancora in grado di dire bene cos’è…

Redefine Mag review “The Longed-For Season”

When The Clouds, the solo project of Italian musician Francesco Galeno, is electronic post-rock in the vein of bands like Metavari and The Album Leaf. His six-track EP, The Longed-For Season, certainly lives up to its album title; it absolutely feels like an album about longing. It does not swell or soar in any grand way; instead, it explores the muted aspects of life through the use of Rhodes piano, guitar, and glockenspiel mixed in with subtle glitchy effects.

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“The Longed-For Season” reviewed on Space City Rock

Space City Rock review When the Clouds’ “The Longed-For Season”

It doesn’t require refined taste or extensive background information to enjoy The Longed-For Season, the debut EP by When the Clouds. But this easy-to-like ambient music is more than just pretty sounds — it also holds up to an analytical listen.

Francesco Galano (the man behind the moniker) makes his layered, complex songs from a mix of field recordings, glitch and drone noises, and acoustic instruments. The result is an organic sound with a slow, natural rhythm and occasionally swooping bass — real nice. It’s not always so fall-asleep-to-able, though. Most songs rise slowly but have strong climaxes that put a little drama into the otherwise calm feel.

With a nod to post-rockers such as Explosions in the Sky, Galano grounds his otherwise airy and ethereal music with pleasantly simplistic guitar and bass. The occasional glitch-y sounds and light drums also help to bulk it up. The Longed-For Season is definitely worth repeated listening. It’s top-notch rainy Sunday morning theme music — warm, comfortable, and happy.

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EtherREAL Webzine reviews “The Longed-For Season”

Review from EtherREAL Webzine of “The Longed-For Season” by When The Clouds:
Il est grand temps que ces pages mentionnent le label Drifting Falling. Nous aurions pu (du ?) le faire bien avant, notamment lorsque le label de Houston a sorti des disques de Televise ou ce superbe album post-rock de Kontakte. Fidèle à sa ligne de conduite (en gros : marier post-rock, shoegaze et electronica), la structure texane nous livre cette fois-ci le première sortie de When The Clouds, idéal vecteur d’une évocation de ce label.

En effet, les six compositions de Francesco Galano se font tour à tour entraînantes (quand lignes de guitare et rythmiques se mêlent dans un post-rock électronique proche des artistes n5MD) ou plus mélancoliques (avec cordes digitalisées et atmosphère plus légère, ou mélodica, Glockenspiel et guitare détachée). Dans la première veine, on est alors transporté, presque pris de vertige par ces enchaînements tourbillonnants (The Dawn And The Embrace) tandis que, dans la seconde, on reprend agréablement son souffle (Rise On) ou bien on se laisse aller à un certain vague à l’âme (Flooding River, The Place Where This Path Leads, The House Of Sleep).

Pour tromper le chroniqueur qui était bien content d’avoir catégorisé la plupart des morceaux, l’Italien peut même offrir un titre à la croisée de ces deux chemins : November Song (rythmiques electronica mais climat général plutôt apaisé). Bref, avec un disque capable d’autant de cohérence et de diversité dans un format ne dépassant pas la demi-heure, When The Clouds s’inscrit immédiatement assez haut dans notre hiérarchie personnelle.

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The Longed-For Season reviewed by the Italian webzine Rockit

Again we’d be very appreciative if anyone could contribute a good translation in the comments.
Dietro la suggestione del monicker, si cela il salernitano Francesco Galano, mente e braccio di questo misurato quanto apprezzabile Ep di debutto. Indietronica dimessa e vaporizzante. Le strutture classiche, lasciate alle spalle per approdare a territori (si) già battuti, ma sempre inesausti, dal momento che ci troviamo in presenza di una certa quota di personalità.

Dolcissima l’opener “The Dawn And The Embrace”, appena desti da un sonno ristoratore, trame diafane su un giro di synth da reiterazione mantrica. Una vista a volo d’uccello che potrebbe avvicinarci ai paradisi spogli dei Mogwai più eterei. In “Rise On” troviamo la stessa pervicace trama per accumulo, tipica di gruppi quali Boards Of Canada e Mùm. Blandamente noiseggiante “Flooding River”, dove gli Slowblow sembrano qualcosa in più che mera citazione; folk antico e rumore bianco a sussumerne la cifra impeccabile, sia per forma che per sostanza.

L’ascolto risulta piacevole e ci svela una collezione didascalica di algide atmosfere a la Lali Puna ed Ektroverde, tra glockenspiel, armoniche e interferenze elettroacustiche – si direbbe un collage impressionista per orecchie garbate. “The House of Sleep” è il glorioso epilogo di un disco estremamente genuino, che trova la sua ragion d’essere nel contesto performativo di una giornata malinconica: mezze tinte e chiaroscuri dal sapore nordico, dove ciò che manca lo si può leggere solo tra le righe, o ascoltare in sua assordante assenza.

Raffinato e calligrafico; fulgido e crepuscolare al contempo.

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The Longed-For Season review by Room Thirteen

Posted by on Jun 1, 2010 in review, When the Clouds | No Comments
Francesco Galano aka When The Clouds, brings together his influences into one well crafted package: ambient electro, epic post-rock (Explosions In The Sky) and contemporary composers (Nyman/Glass) sit comfortably side by side. When The Clouds debut EP drifts gently into your subconscious and then keeps you captive.

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